(A kihûlt kavics)

Reka era una bellissima bambina: aveva lunghi capelli che il sole accarezzava ogni mattina e sorridevano anche le nuvole, se lei si affacciava dalla finestra. Aron abitava nella casa accanto, aveva la stessa età. Anche lui era bello ma, mentre di Reka si diceva che fosse tranquilla, calma, di lui si riteneva che fosse una peste.
Reka era nata malata, a sei anni sembrava averne tre e non poteva camminare. Ha passato più tempo nei diversi ospedali che a casa sua e non poteva correre e giocare a palla, ma la stringeva seduta sulla sua sedia a rotelle. Ma non era mai triste, nemmeno quando i suoi genitori non potevano stare con lei in ospedale. Era la preferita dalle infermiere e, quando venivano i suoi genitori, portavano sempre dei regali, anche agli altri malati. La camera di Reka era bellissima, piena di libri, giocattoli, c’era la TV e il videoregistratore. C’era, purtroppo, anche la sedia a rotelle, che doveva usare se voleva affacciarsi dalla finestra, oppure se la portavano sulla terrazza. La strada la conosceva solo attraverso il finestrino della macchina, perché la sua mamma non voleva esporla agli sguardi indiscreti o, peggio, ai commenti della gente. Il mondo di Reka era costituito dalla sua stanza, dall’ospedale e dai pochi metri quadrati della terrazza. C’era anche un altro mondo che lei, però, pensava esistesse solo nella TV.
Mentre i genitori di Reka erano benestanti, la famiglia di Aron era molto povera. C’erano sei bambini e il padre, che non aveva un lavoro fisso, cercava di sfamarli. Aron era il più giovane dei ragazzi.
Reka era molto sola e nella sua stanza non c’era né tappeto, né tenda, né coperte, perché era anche allergica alla polvere. La sua stanza si doveva pulire sempre con straccio bagnato; nonostante la cautela, alcune volte dovevano portarla di corsa all’ospedale. Aron era, invece, libero tutto il giorno, sul prato aveva un nascondino segreto dove poteva finalmente stare un po’ tranquillo. Là, alcune volte si addormentava e sognava che giocava con Reka in un bosco grande e bello.
Ha visto raramente Reka e di lei sapeva solo che era molto malata e che doveva morire. Aron domandò al nonno, cosa significasse la parola morire. Allora il nonno cominciò a parlare di paradiso, angeli e così via. Ma Aron non capiva cosa sarebbe successo a Reka se fosse morta. E poi pensava, che erano nati a differenza di un giorno. Allora, come è possibile che Reka già deve morire? E sarebbe meglio vivere qui, dove possono giocare insieme, che nel paradiso!
La mamma di Aron certe volte andava a fare le pulizie nella casa di Reka e il padre aggiustava se c’era qualcosa rotto. Ad Aron sarebbe piaciuto giocare con Reka, ma non poteva avvicinarsi molto a causa del pericolo di contagio. Eppure lui si è lavato sempre bene, ha cambiato i vestiti, prima di andare da Reka.
Voleva farle vedere i suoi lavoretti, ma non si parlava nemmeno di far entrare nella stanza il cestino intrecciato da lui oppure il quadro composto di fiori del prato. Ma una volta, non essendo visto, riuscì a portarle un sasso molto bello. Il sasso era piatto, simile ad un grosso fagiolo, di colore grigio chiaro. Prima di consegnarlo a Reka, l’ha pulito molto bene con sapone e lo ha spazzolato a lungo, questo per non contagiare Reka, con la malattia invisibile, presente dappertutto, ma che è pericolosa solo per lei. Questo ha capito dai discorsi del nonno, così ha pulito molto bene il sasso. La bambina guardò a lungo il bel sasso, che si inseriva tanto bene nel suo palmo, e si fece raccontare la sua origine. Da allora in poi dormiva sempre con quel sasso e, miracolosamente, nessuno ha scoperto il suo segreto. Il sasso era sempre caldo e se lo metteva vicino al viso: sembrava che il sasso le diffondesse il calore di Aron.
Le giornate di Reka erano noiose, visto che poteva stare solo nella sua stanza, raramente sul balcone. Stava nel letto, guardava i film, e se c’era qualcuno che le leggesse qualche fiaba, allora la sua fantasia si liberava. Certe volte guardava il soffitto e pensava ad Aron, che era l’unico che sapesse raccontare delle cose che lei conosceva solo attraverso i film; era come se fosse veramente nel bosco, potesse vedere quei fiori, sentire quegli uccelli… finché non l’hanno mandato via i genitori di Reka. Guardava tanto a lungo il soffitto che le pareva che fosse diventato un angelo che si alzasse dal letto e volasse via dalla stanza, portato via dal vento leggero, fino al nascondiglio di Aron.
Aron, una volta, dimenticando che Reka non poteva camminare, l’invitò al suo nascondiglio, vicino al ruscello, tra i cespugli. Reka non gli disse niente, lasciando Aron contento, ma poi lui comunque si ricordò presto che l’idea era irrealizzabile. La sera, quando sono tornati i genitori di Reka a casa e l’infermiera tornò a casa sua, Reka raccontò a loro la proposta di Aron e che lei avrebbe voluto andarci. I suoi genitori, corrugando la fronte, spiegarono che non era possibile ma, vista la tristezza di Reka, le promisero di portarla con la macchina al nascondiglio. Poi chiamarono subito i genitori di Aron, rimproverando loro il comportamento del figlio, se ci tenevano al loro lavoro. Poi tornarono al letto di Reka e le promisero che l’avrebbero sicuramente portata alla gita e che non si doveva preoccupare. Non sfiorava nemmeno l’idea la loro mente che i bambini non credono alle parole, ma a quello che viene segnalato dal cuore. E il cuore di Reka le diceva che, seppure a fin di bene, ogni loro parola era bugia. E si addormentò col pensiero che gli adulti non capiscono niente, che promettono le cose, ma non ci arrivano con la mente, che tanto Aron non avrebbe detto loro dove si trovava quel nascondiglio, perché allora non sarebbe stato più un segreto. Non ci sarebbe stato più quel legame che li legava insieme, inseparabilmente. Sognò poi, che il suo desiderio si sarebbe avvereto, perciò così doveva essere. Sorrideva nel sogno, mentre stringeva forte il sasso.
Tutto il giorno la sorvegliava una giovane infermiera, perché i suoi genitori stavano sempre a lavorare. Facevano anche dei viaggi, portando con loro il fratello di Reka, che era un fratello praticamente inesistente, che non si curava minimamente di Reka.
L’infermiera fece il suo lavoro, certe volte giocava con lei. Comunque a Reka piaceva stare da sola, suo fratello non le mancava per niente. L’infermiera aveva un fidanzato, che invitò quando era possibile. Visto che i genitori di Reka erano sempre via, si potevano tranquillamente abbracciarsi nel salotto, perciò era sconsigliabile che Reka andasse là con la sua sedia a rotelle.
Aron e Reka hanno escogitato un piano come stare insieme. L’infermiere e il suo ragazzo erano sempre più indaffarati, e così Aron entrò nella stanza attraverso la porta della terrazza. Le raccontava per ore del bosco, degli uccelli, del nascondiglio sul prato. Reka l’ascoltò finché non le venne il sonno. Aron allora le rimboccò il lenzuolo e uscì piano per non farsi sentire dall’infermiera. Intanto si sforzava di escogitare un piano per far vedere a Reka il nascondiglio.
Il prato non era lontano, il problema era solo come fare che l’infermiera non si accorgesse della fuga. Visto che gli innamorati erano tanto concentrati su loro stessi, questo non sembrava poi tanto difficile. Hanno elaborato il piano, dovevano solo aspettare il momento giusto. Non ci voleva molto.
Purtroppo anche un piano perfetto può essere rovinato da un imprevisto. Uscire dalla stanza era facilissimo, nel giardino era un po’ difficile, ma poi mancavano solo poche case per raggiungere il prato. Per fortuna non c’era nessuno sulla strada. Era bellissimo stare sul prato, Reka toccò, annusò tutto, era tanto felice. Quando ha durato? Chi lo sa? Nella felicità non conta la durata, perché il tempo si ferma… Non avevano messo in conto però il fratello di Reka che l’ha visto uscire e solo per cattiveria non l’ha fatto presente loro. Non è che si curasse della salute di Reka, ma voleva che i suoi genitori acchiappassero Aron e sua sorella, che odiava di cuore.
C’era una grande scenata quando tornarono a casa, ma ormai non importava a loro. Reka ha sperimentato la libertà che sapeva ormai di possedere, che nessuno le poteva togliere ormai. Stava nella sedia o sul letto, non pensava ad altro, non voleva dimenticare mai quel tempo, mentre stavano sulla strada e quello che le era successo, finché non arrivarono i suoi genitori con la loro macchina.
Al risveglio era il suo primo pensiero, e quando andò a dormire aveva in mente quell’immagine, lei sulla strada verso il prato, dove ci sono solo gli alberi, il cielo e dietro a lei Aron, che spinge la sedia a rotelle, cercando di evitare i buchi e pozzanghere e raccontando dove stanno in quel momento. Ma non c’era nemmeno bisogno di sentirselo dire, perché Reka ormai conosceva ogni angolo del prato dai racconti di Aron. Ora la toccava il ‘vero’ vento, e non quello del ventilatore, lo circondarono ‘veri’ profumi e non quelli dei detersivi e disinfettanti. E solo in seguito a quel giorno che tutti i suoi giorni sono diventati veri. Era triste solo per Aron, perché hanno messo una griglia sulla finestra, che lui non si potesse assolutamente avvicinarsi a lei di nuovo. Hanno mandato via anche la giovane infermiera e al suo posto arrivò una vecchia strega, che cominciò ad urlare al solo vedere Aron che guardava verso la finestra di Reka. Allora Reka ha pianto un po’ ma solo piano perché non voleva condividere niente con nessuno se non poteva farlo con Aron.
I bambini capiscono molto meglio le cose, di quanto credono gli adulti. Loro riescono a vedere anche il bicchiere mezzo pieno e non solo mezzo vuoto. Così Aron non si struggeva tanto perché era separato da Reka, ma era felice, che poteva dare a Reka quello che lei desiderava tanto ed era proprio lui a renderla così felice. Non gli importava nemmeno lo sgridare dei suoi genitori, che, rimasti senza lavoro, si sono tanto infuriati con lui. Andava sul prato nel nascondiglio ogni giorno e pensò a Reka, che immaginava presente. Fece questo anche per Reka, perché pensava, se lui lo immagina forte, allora come se questo diventasse realtà.
Così è passato l’estate tra ricordi e desideri. I genitori di Aron hanno trovato lavoro altrove e Aron doveva prepararsi alla scuola. Sembrava che tutto ritornasse alla normalità. Aron il primo giorno andando a scuola, guardò alla finestra di Reka, ma non vide più la vecchia strega, che faceva sempre la guardia. Il suo cuore batté forte, quando vide che nemmeno la griglia sulle finestre! Erano più veloci i pensieri o i piedi? In un battibaleno a cavalcato il recinto ed era tanto felice: finalmente potrà rivedere la bambina.
Il cortile era vuoto, c’erano solo gli alberi nel giardino. C’era qualcosa di strano: non ci stava né un ombrellone: è arrivato l’autunno; né i panni messi ad asciugare: stava per piovere, né la macchina o la bicicletta: staranno sicuramente nel garage… Ma che gli importa tutto ciò! Importante che potrà rivedere Reka.
Anche la terrazza era deserta. Visto che sulla finestra non c’era mai tenda, non gli sembrò strano che poté vedere fino al letto. Non gli importava più se lo vedevano e lo sgridano, il cuore gli batté forte, ma non dalla paura. Ha avvicinato il viso alla finestra e bussava piano sulla finestra per non spaventare la bambina:
– Reka! Reka! – ripeté più forte, ma allora vide che la stanza era del tutto vuota! La finestra si aprì mentre si appoggiava. Entrò nella stanza.
– Reka, Reka! – rispondeva solo l’eco dalle stanze deserte. Correva fino all’ultima stanza, dando calci ai muri, sbattendo porte. Nell’ultima stanza non si deve mai entrare, si ricordò la regola conosciuta dalle fiabe. Entrò lo stesso. C’erano pacchi dappertutto, roba che non si porta con sé chi se ne va via per sempre. Roba che si lascia ai netturbini da buttare via o tenerseli se o vogliono. C’era anche la sedia a rotelle, in un angolo, appoggiato al muro. Qualcosa gli dava fastidio sotto il piede. Era il sasso, era tanto freddo che quel freddo gli gelò il cuore.

* Note: questa fiaba ha partecipato ad un concorso organizzato da www.terasz.hu ( rivista culturale ungherese online ), non sono riuscita a scoprire chi fosse l’autore, probabilmente vuole rimanere anonimo.